Obesità: per controllare l'appetito, meglio scegliere gli Omega 3
In Italia 1 persona su 10 è obesa. Più della metà degli uomini e di un terzo delle donne sono in sovrappeso. E, secondo le stime, nel prossimo decennio i tassi di sovrappeso aumenteranno del 5%.
L'impatto di questa prospettiva sulla salute individuale e pubblica non è da sottovalutare. Infatti, oltre a essere di per sé una malattia, l'obesità aumenta il rischio di altri problemi di salute. Iperglicemia e diabete, ipertensione, livelli elevati di colesterolo e trigliceridi, coronaropatie, insufficienza cardiaca, infarti e ictus sono tutti eventi e condizioni associati all'eccesso di peso.
Ma non solo. L'obesità può compromettere anche il buon funzionamento di altri organi e tessuti, diversi da cuore e arterie. Può essere associata a problemi alle ossa e alle articolazioni, messe sotto pressione dall'eccesso di peso; di conseguenza, le articolazioni possono fare male e irrigidirsi e si può finire per ritrovarsi alle prese con l'artrosi. Può portare alla comparsa delle cosiddette apnee notturne, vere e proprie interruzioni della respirazione durante il sonno; in questo caso, stanchezza e sonnolenza potrebbero rendere le giornate difficili da affrontare e potrebbero compromettere la capacità di concentrarsi e le prestazioni lavorative. Infine, può compromettere il buon funzionamento di fegato e cistifellea e far aumentare il rischio di diverse forme tumorali.
Il ruolo dell'appetito
Perdere dal 5 al 10% del peso iniziale aiuta a ridurre significativamente i rischi associati all'obesità. Purtroppo, però, dimagrire non è un'impresa semplice né quando i chili da smaltire sono tanti né quando sono pochi. Tra chi dichiara di essere perennemente a dieta e chi riacquista nell'arco di poco tempo gran parte (se non tutto) il peso perso con tanta fatica, è importante tenere presente che i fattori che influenzano le variazioni di peso sono ben più di uno.
A entrare in gioco è anche l'appetito. Le strategie suggerite per tenerlo sotto controllo non mancano; spesso, per esempio, viene consigliato di puntare sulle fibre, che, a seconda dei casi, possono aumentare il senso di sazietà e ridurre l'appetito.
Anche i grassi possono aiutare proprio a ridurre l'appetito. La situazione ha un che di paradossale: possibile che proprio dei nutrienti spesso accusati di far ingrassare siano alleati del dimagrimento? In realtà tutto dipende dal tipo di grassi che si assumono. E quando si tratta di doversi sentire più sazi sembra che la scelta migliore siano i grassi polinsaturi a lunga catena della serie Omega 3: l'EPA (acido eicosapentaenoico) e il DHA (acido docosaesaenoico).
Omega 3 nella perdita di peso: perché assumerli?
Pur non essendo il rimedio miracoloso per dimagrire, i motivi per includere una dose adeguata di questi grassi all'interno di un piano alimentare mirato alla perdita di peso non mancano. In primo luogo, possono aiutare a combattere o a gestire le complicanze cardiometaboliche di sovrappeso e obesità. I benefici in termini di pressione sanguigna, livelli di trigliceridi e attività cardiaca sono fuori dubbio; inoltre esistono dati a supporto di un ruolo per gli Omega 3 nella prevenzione dello sviluppo della resistenza all'insulina che può portare al diabete.
Secondo poi, questi grassi sembrano essere particolarmente utili per evitare un ulteriore aumento di peso e il recupero dei chili persi con la dieta. I dati sul loro effetto dimagrante sono a tratti contrastanti, ma l'effetto coadiuvante le diete per perdere peso sembra una realtà e appare dipendere proprio dalla riduzione dell'appetito.
Controllare la fame con i grassi giusti
In realtà i grassi di origine alimentare sono considerati fra i responsabili della perdita del controllo del senso di sazietà associata all'ampia diffusione di sovrappeso e obesità.
In linea generale, la presenza e la digestione di grassi nell'intestino rallenta lo svuotamento dello stomaco, stimola la produzione degli ormoni gastrointestinali e riduce l'appetito e l'assunzione di energie. Tuttavia, le diete moderne occidentali, ricche di grassi, compromettono la regolazione del bilancio energetico e riducono i segnali di sazietà normalmente indotti proprio dai grassi a causa della tipologia di grassi (saturi e trans) che apportano.
Infatti differenti tipi di grassi hanno un diverso effetto saziante che dipende da differenze strutturali, come la lunghezza degli acidi grassi e il loro livello di saturazione. Per questo i grassi polinsaturi Omega 3 a lunga catena (come EPA e DHA) sarebbero più efficienti in termini di riduzione dell'appetito. Fra i loro vantaggi c'è una maggiore stimolazione del rilascio di colecistochinina, ormone gastrico che riduce l'appetito, rispetto a quella promossa da grassi saturi più corti. Inoltre, EPA e DHA agiscono sui meccanismi cerebrali responsabili dei fenomeni di ricompensa che favoriscono il consumo di cibo.
Le prove di questi effetti non mancano. È stato per esempio dimostrato che l'assunzione di 2,8 grammi al giorno di un olio ricco di DHA per 12 settimane può aiutare a ridurre le energie assunte con il cibo e il consumo di carboidrati e grassi. Alcune partecipanti allo studio che ha rilevato questo effetto, tutte donne sovrappeso o obese, sono anche dimagrite significativamente, perdendo almeno il 5% del loro peso iniziale. Nel gruppo di controllo (che ha assunto olio di oliva, ricco di grassi monoinsaturi, anziché olio ricco di DHA) un dimagrimento del 5% è stato registrato solo nel 7% delle partecipanti, mentre ben il 39% di chi ha assunto DHA è riuscito a raggiungere questo obiettivo; la differenza non era statisticamente significativa, ma il dimagrimento ottenuto è simile a quello ottenibile con un trattamento farmacologico anti-obesità della durata di 1 anno.
Altre ricerche hanno dimostrato che diete più ricche di Omega 3 a lunga catena sono associate a una maggiore sensazione di pienezza e a una minore fame 2 ore dopo pasti contenenti olio di pesce o pesce grasso. Altre confermano che l'assunzione di grassi polinsaturi riduce l'introito energetico rispetto all'assunzione di grassi monoinsaturi.
Fra le varie ipotesi per giustificare questi effetti, si pensa che gli Omega 3 possano ridurre l'espressione di geni coinvolti nella sintesi dei grassi nel tessuto adiposo e aumentare quella di geni che li degradano nel fegato, nell'intestino, e nelle fibre muscolari scheletriche e cardiache.
Come utilizzare gli Omega 3 per ridurre l'appetito
La dose di olio ricco di DHA utilizzata nello studio sopra descritto corrisponde all'incirca al consumo quotidiano di 140 g di pesce grasso. Nella pratica, un tale consumo è difficile da raggiungere a causa della necessità di prevedere il consumo di pesce come salmone, sarde, tonno, acciughe o aringhe almeno una volta al giorno; per molte persone – sia che stiano seguendo un regime dimagrante, sia che siano in una fase di mantenimento dei risultati – un'alimentazione di questo tipo potrebbe essere difficile da seguire regolarmente.
Fortunatamente, tutti possono garantirsi questo apporto di Omega 3 anche grazie a integratori alimentari a base di oli di origine marina, ricchi di EPA e DHA: olio di pesce, olio di fegato di merluzzo, olio di krill e olio algale. Quest'ultimo annulla ogni timore di possibili rischi per la salute di chi è allergico al pesce ed è compatibile anche con regimi alimentari che escludono il pesce. In altre parole, chiunque voglia coadiuvare la sua perdita di peso o aiutarsi a mantenere i risultati raggiunti sfruttando le proprietà degli Omega 3 può trovare un integratore adatto alle sue esigenze.
Riferimenti bibliografici
Albracht-Schulte K et al. Omega-3 fatty acids in obesity and metabolic syndrome: a mechanistic update. J Nutr Biochem. 2018 Aug; 58: 1–16. doi: 10.1016/j.jnutbio.2018.02.012
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MedlinePlus. Health risks of obesity. Ultima visualizzazione 28 aprile 2023